Fathers and Sons, il disco che stringete tra le mani – perchè i dischi, specie quelli come questo,
vanno soppesati e annusati, come il pane buono – potrebbe essere stato realizzato in qualsiasi
momento tra il primo disco di Bob Dylan (1962) e l’ultimo (2009).
Non ha nulla, o poco, o qualcosa, in comune con Dylan – le radici, quelle si – ma l’arco di tempo
sopra riportato serve a far capire quanto queste canzoni, questa raccolta di canzoni, siano in un
certo senso timeless, senza tempo.
E’ folk di ieri? Folk di oggi? Folk di domani? Non è folk perchè i generi non esistono più? Fate voi.
Abbracciatele con tutta la forza che avete queste canzoni perchè sono un antidoto, un
nutrimento, una rassicurazione e una gioia. Reagiscono contro ogni moda imperante nel 2011.
Tutte queste cose sono. O almeno così sono apparse a me queste tracce Scottish-born quando
me ne ha parlato e me le ha fatte ascoltare Edward Abbiati dei Lowlands, che le ha traghettate
fino a qui (sua la produzione artistica, con Roberto Diana) e ci ha messo le mani insieme ai suoi
musicisti, innervandole, ma con dolcezza, di una forza anche italiana.
Per questo ho deciso che dovevano essere pubblicate anche in Italia. A tutti i costi. E che la
storia di questo insolito matrimonio tra i MacNeill e una band pavese, una tra le mie preferite,
meritava di essere raccontata anche da queste parti.
E ora la parola ai protagonisti.
Ermanno Labianca – Route 61
Ho conosciuto Donald “Pedie” MacNeill nei primi anni 90, quando fui spedito dai miei genitori a
lavorare per una estate nella fattoria dei miei zii, in Scozia. L’isola era Oronsay, popolazione 4.
Nell’isola accanto, Colonsay, le anime erano 78, credo. Ci viveva e lavorava anche Donald
“Pedie” MacNeill. Uno dei 78.
Fui mandato assieme a mio cugino Daniel a lavorare per lui durante la stagione della tosatura
delle pecore. Fu allora, li, che scoprii che Pedie non era solo un insegnante, non solo un marito,
non solo un padre e un contadino: era anche un incredibile cantautore. Teneva concerti
sull’isola, dove non c’era molto altro da fare; quell’estate e andai ad ascoltarlo spesso. “Half-
Hebridean”, “What’ll we do”, “Fair Tides” e altre erano canzoni incredibili alle mie orecchie.
Bellissime. Al livello di qualsiasi cosa scritta da Dylan o Springsteen.
Facciamo un salto in avanti di quasi due decenni. Io e le mia band Lowlands avevamo appena
pubblicato il nostro primo disco e mia zia, ancora lei, spedì il cd a Pedie. Che lo ascoltò e mi
contattò via email. Pareva piacergli quello che avevamo fatto e dopo vent’anni fummo di nuovo
vicini, così gli dissi “perchè non vieni qui a registrare un disco con noi, facciamo qualcosa
assieme”. Donald volò qui la primavera scorsa con sua figlia Jen, anche lei sul disco.
Registrammo canzoni vecchie e canzoni nuove, esplorando, credo, molti temi ricorrenti nella
vita musicale di questo autore. Temi riguardanti il partire, rimanere, la vita dura, il lavoro, la
vita e la morte.
Trovo che questo disco sia molto vero e reale in tempi molto duri.
E’ stato un piacere potere registrare con lui e ascoltare le sue canzoni per tutti questi anni.
Edward Abbiati – Lowlands
Le canzoni parlano quasi tutte dell’isola delle Ebridi dalla quale provengo: Colonsay, Scozia.
Cominciano a guardare al tempo che passa e all’inevitabile processo d’invecchiamento.
Sono un modo per guardare indietro ai miei antenati e anche in avanti, al futuro.
Dopo essere stato “agganciato” da Edward, e avere iniziato a lavorare con i Lowlands, decisi di
soffermarmi anche su una che parlava della Arandora Star, una nave che venne affondata al largo
di Colonsay nel 1940. C’erano degli italiani a bordo, italiani d’Inghilterra, non militari ma
residenti in Inghilterra che venivano mandati in Canada per la durata della guerra e la nave, nel
lungo tragitto, fu colpita da un siluro. Alcune delle vittime finirono sulle coste dell’isola, dove i
locali li seppellirono e dove rimangono ancora oggi. Da allora esiste una connessione tra
Colonsay e l’Italia.
Penso di essere cresciuto con la musica gaelica, la lingua delle isole.
Le mie influenze? Posso dire che mi piace raccontare storie, ed essere il più chiaro possibile.
Credo di avere raccolto qualcosa da cantautori come Tom Paxton, tipi che dichiarano
chiaramente quello che raccontano. Molta musica scozzese è comunque influenzata da quella
americana. Detto questo, credo anche che la mia musica assomigli molto a me, e non ad altri.
Le mie canzoni sono il modo migliore per comunicare le mie idee.
Donald MacNeill
Fair Tides – The School Room – The Spencer – The Morning Lies Heavy* – Farewell to Govan – Fathers and
Sons Bouncing Babies – Wear Something Simple – The Last Trip – Days of our Lives – What’ll We Do –
Half-Hebridean
– All songs by Donald MacNeill, except*, by Allan Taylor/Miles Wootton
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Descrizione
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Fathers and sons
13,00€
Fathers and sons
COD: RT61-2011003
Categoria: Classic Rock / Blues / Country