Con sette album – incluso questo – su Schema Records e tre – considerando anche il progetto Cosmorama – su Milano 2000, Stefano Tirone ha consolidato la sua collaborazione con Edizioni Ishtar. Oggi è uno degli artisti dell’etichetta più popolari, con più di 300.000 ascoltatori mensili e milioni di ascolti dei suoi brani più noti su Spotify – oltre 3 milioni soltanto per i recenti singoli digitali “Blow My Mind” e “No Meio Do Samba”.
Il suo precedente full-length “Body & Soul” mostra influenze provenienti dalla scena acid jazz inglese dei primi anni ’90 e il profondo amore di S-Tone Inc. per il soul dei Seventies, la musica brasiliana e jazz che costituiscono le fondamenta del proprio sound. In questo contesto, anziché chiedere ad artisti esterni di remixare le proprie tracce, Stefano ha deciso di farlo in prima persona, rielaborando l’intero “Body & Soul” in chiave nu-disco, da cui la denominazione “The Disco Experience”.
Il titolo e il layout grafico di questa release ci immergono in un periodo storico a cavallo tra fine ’70 e inizio ’80 in cui l’artista, allora teenager, completamente assorbito dalle sonorità disco music, era solito frequentare club e discoteche per ascoltare e ballare al ritmo di quelle inconfondibili frequenze. In quegli anni il DJ statunitense Larry levan e gli italiani Mozart e Baldelli suonavano di fronte a sale perennemente affollate, mentre etichette discografiche quali Prelude e Solar fissavano gli standard del genere grazie ad artisti come D-Train, Sharon Redd, Whispers, Shalamar e alle loro voci espressive, combinate a corpose linee di basso, chitarre funky e ritmi sostenuti.
“Body & Soul – The Disco Experience” nasce quindi come omaggio alla musica in cui Stefano era solito immergersi durante quegli anni avventurosi, con una manciata di eccezioni: “No Meio Do Samba”, un tributo alla house di Frankie Knuckles dei primi ’90s, e le due tracce downbeat “Flying Away”, con i suoi arrangiamenti R&B minimali, e “Midnight Sun”, il cui mood cinematico è insaporito da spruzzate funky. “Odoya”, infine, è l’unico brano remixato da The Invisible Session con un arrangiamento essenziale e ‘spaziale’ che si adatta perfettamente al sound complessivo del disco.