E chi l’avrebbe mai detto che un giorno avrei fatto la conoscenza dei Corpus, misconosciuta rock band di Corpus Christi, città del Texas di poco meno di trecentomila abitanti. Devo confessare che dal primo ascolto di Creation A Child è stato quasi amore a prima vista. La diversità dei generi buttati nel piatto dalla band, o meglio le sfumature che si toccano in questo platter, possono ad un primo ascolto superficiale far pensare ad un’accozzaglia poco coerente di generi, ma non è affatto così, ve lo posso assicurare. Tutte le influenze, tutte le caleidoscopiche sfumature si lasciano apprezzare nella squisita, retrò, psichedelica e a tratti lisergica atmosfera degli anni settanta. È davvero arduo appiccicare un’etichetta a questo lavoro dei Corpus, perché un semplice ‘rock’ non renderebbe giustizia alle influenze e radici blues della band, evidenti oltre ogni ragionevole dubbio, né tantomeno definire semplicisticamente ‘blues’ questo lavoro sarebbe un grave torto all’attitudine rock n’ roll e le venature dark che rendono vario, e perciò meritevole di elogi, Creation A Child.
La calda voce di Richard Deleon fa da cornice ad un quadro che ammalia per la varietà dei suoi colori, a tratti scuri e tetri, a tratti più vividi e solari, ma che senza dubbio sono protagonisti di un bellissimo quadro d’autore. La perizia tecnica della band è solare e indiscutibile, basti ascoltare gli intrecci in assolo di Deleon e dell’altra chitarra imbracciata da William Grate, ma non sono da meno James Castillo al basso e Frudy Lianes alla batteria, autori entrambi di un’ottima prova. La track list ci mette davanti passaggi più rock/blues come l’opener Cruising piuttosto che la successiva Joy, ballad meno ritmata e dal piglio decisamente più malinconico. Marriage ci riporta su ritmi più sostenuti, e anche easy listening se vogliamo, ma per nulla banali. Segue la title track, senza dubbio la canzone migliore di questo disco; a partire dal lento arpeggio elettrico si respira un’aria quasi magica, che si scioglie in un’incredibile scarica intorno ai tre minuti, dove i nostri danno sfoggio di tutta la loro tecnica e il loro buon gusto per la musica, per una sezione strumentale da brividi. Torna il più puro blues/rock con Just a Man e We Can Make It, Luv altri due pezzi scanzonati da gustare tra le braccia di una bionda…ehm…con una bionda tra le mani, perdonate il lapsus. Not Mine è un’altra ballad dolce e malinconica di buona fattura, mentre Where Is She è un altro pezzo blues ottimamente realizzato, per chiudere con Mythical Dream che crea una sorta di trittico con le precedenti Joy e Creation A Child per atmosfere e struttura dei pezzi; un terzetto dove viene fuori in maniera equilibrata e perfettamente credibile la parte più acida e psichedelica dei Corpus.
Vera chicca per appassionati, Creation A Child brilla ancora oggi, a 41 anni di distanza dalla sua uscita, di luce propria. Un album maturo e se vogliamo moderno, per costruzione e sound -non dimentichiamo che siamo nel 1971!-, che non ha mai avuto la giusta vetrina che merita da sempre. Acquisto obbligato per gli appassionati, ma merita sicuramente più di un ascolto da tutti quelli che amano i 70’s in generale.
da Metalized