La poesia della ricerca, la poesia nella ricerca, sonora e interiore. Paola Tagliaferro è la nostra sirena dell’avanguardia “morbida”. Riesce a trovare tra questi solchi il migliore slancio creativo di Amelia Cuni, ma in una dimensione assolutamente propria, guidata dalla direzione che Max Marchini riesce a imprimere al suono come il più nobile dei sound painter.
Quest’album sorprende immediatamente per la capacità di raccontare con leggerezza e profondità, un disco lunare che ha la magia dei primi King Crimson e dei Popol Vuh di “Hosianna Mantra”, la contemporaneità del suono e il minimalismo reiterato e colto dell’ultima Kate Bush – ma si tratta solo di referenze che oscillano nella mente di chi ascolta e scrive, come richiami lontani e nebbiosi, perché quello che qui alberga chiaramente è l’assoluta originalità con la quale la materia sonora e narrativa accarezzano dolcemente, come in un sogno senza tempo.
Gli strumenti disseminano in polvere d’oro, scenari ampi e rarefatti con superba cognizione di causa. Su tutti il trombone di Angelo Contini, capace di graffiare dolcemente increspando la superficie del suono, come spuma di onde e le chitarre di Max Marchini (anche a un fascinoso piano acustico) che lavorano su frequenze acute, cullando dolcemente come nel migliore carillon del dolore dei Velvet Underground. Quando la chitarra diviene elettrica trova invece un terreno fertile nelle avanguardie che dagli anni 70 sono arrivate ad oggi fresche e vitali, da Fripp a Trey Gunn alla infinite guitar di Michael Brook, al biglietto per il più dolce dei viaggi che sa regalarci Jonsi dei Sigur Rós.
Marchini è responsabile dell’intero progetto sonoro che cura come in un dipinto sfuggente al limite delle possibilità percettive. Un mix misterioso, intenso oltre che originale.
La voce da contralto leggero di Paola, che sa spingersi su frequenze da mezzosprano come nella bella “Vuoti”, avvicina il canto più colto e dolce di Alice (Carla Bissi), quella di “God Is My DJ”, giusto per intenderci. “Moondust” è un autentico gioiello, senza luogo e tempo, così sospesa tra latitudini ora a oriente e immediatamente dopo a occidente.
Il linguaggio misterioso di “Ka’s Mantra – Maha Mrtyunjaya” incontra il suono microtonale della tamboura, sostenuto da un trombone profondissimo e i suono delle percussioni, mentre soundscape usciti da una radio smarrita ci raccontano di popoli lontani. Una forma di misticismo contemporaneo che niente ha a che vedere con la new age, perché questo mantra sa essere profondo quanto inquieto alle orecchie di chi non sa avvicinarlo con uno spirito libero da condizionamenti temporali.
“Derrière Le Miroir” è il capolavoro del disco tra nenie dolcissime e un pianoforte scordato che evoca le avanguardie classiche più atonali. Splendidi gli intrecci vocali di “Elegia”, con chitarre rovesciate a fornire colore e un testo bellissimo.
I paesaggi di Kim Ki Duk nella bellissima ghost track, “La Casa del Tantra”, dove la magia della voce di Paola e la rarefazione contemplativa delle liriche e degli arrangiamenti (da segnalare qui le meravigliose ritmiche) raggiungono il loro apice.
Da segnalare la partecipazione al missaggio del regista d’avanguardia Francesco Paolo Paladino.
Ulteriore cameo come la più dolce delle benedizioni, la partecipazione di Peter Sinfield, che scrive le liriche visionarie di “Blossom On The Three” e le declama con intensità.
Un disco da bere in un sorso, perché acquista valore nell’idea di concept che l’accompagna dal primo all’ultimo secondo, come in una dichiarazione d’amore per chi andrà ad ascoltarlo. Un dono. Il segreto degli alchimisti è racchiuso tra queste 15 + 1 tracce, lasciarselo sfuggire è scegliere di continuare a compiacersi di navigare sulla nave dei folli…
da “www.ondarock.it”
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Paola Tagliaferro beging at a very early age singing in maintream pop music. After issuing a couple of singles
in the late seventies/early eighties, she retired from the scene, starting her interest in painting.
After more than 20 years she returns back in the musical scene with a couple of self composed albums
spanning from fusion, jazz and pop, but her needing of pushing the envelope and continue research carried
at The Conservatory of Vicenza where se studies with great singer Amelia Cuni, Dhrupad chant of ancient
India.
The encounter with other avantgarde music and musicians lead her inteersts towards new horizons and in
2009 under the production of Max marchini she published