RaraOvis è il progetto in studio di Leonardo Pegoraro, scrittore e compositore italo-australiano.
Progetto nato nel 2021, approda al suo album di debutto ne sveleremo l’essenza, realizzato con la preziosa collaborazione di Matteo Ricci, musicista e fonico presso lo “Studio 77” di Genova, e sotto la direzione artistica di Fabio Zuffanti, figura di riferimento nel panorama del rock progressivo italiano. Attraverso strumentazioni sinfoniche, tempi irregolari onnipresenti ma mai invasivi, arrangiamenti evocativi e una raffinata sensibilità melodica, l’album si apre con accenni “orientaleggianti” (tra cui, forse per la prima volta nella storia del genere, un assolo di campane tibetane), per poi spaziare fra musica classica, tratti rock, qualche pizzico di minimalismo e sperimentazione, ovvero le commistioni del rock progressivo.
Il concept album affronta e trasforma il tema amoroso in un viaggio articolato in cinque tappe (cinque brani tra cui, su sollecitazione e supervisione dell’esperto Zuffanti, la lunga suite finale) che elevano l’esperienza a un’ascesi filosofica. La scelta del genere musicale non è casuale: la natura del prog, fatta di temi che si contrappongono, si sviluppano e si superano, rispecchia in musica il percorso stesso dell’Eros.
Un percorso dialettico che, dall’incertezza iniziale del brano di apertura (primi passi), attraversa il fuoco di un’infatuazione non corrisposta (sento calore), si apre alla passione eterna (luci a mandorla), ne confronta la possibile finitezza (i contorni dell’alba), culminando nella rivelazione dell’Eros platonico-socratico (ne sveleremo l’essenza): il desiderio, nato da una mancanza, si rivela qui come il motore di un cammino verso una forma di conoscenza superiore.
A tradurre tutto questo in musica è un ensemble di ben dodici elementi. Alle voci soliste, che a volte si alternano e altre volte si sovrappongono in un dialogo armonico, il cantautore Fabio Cinti, con uno degli stili più eleganti e sofisticati del panorama italiano, nonché grande interprete di Franco Battiato, e Irene Manca, giovane promessa genovese dalla timbrica limpida e intensa, capace di modulare la propria espressività tra leggerezza e vigore.
Pegoraro, oltre alla composizione della musica e dei testi e all’intervento con generose tessiture di tastiere in ogni brano, ha impostato gli arrangiamenti. A completare e arricchire questi ultimi sono intervenuti l’esperienza e il gusto poliedrico di Ricci, a cui si devono anche parte delle chitarre elettriche, il soundscaping, l’accurato missaggio e la registrazione degli altri musicisti coinvolti. Tra questi ultimi, spiccano in tutti i brani il lirico e seducente pianoforte a coda di Luca Scherani e la batteria ingegnosa e dialogante di Andrea Orlando. Presenza continua e imprescindibile è anche Giulio Gaietto al basso – ora delicato, ora energico a seconda delle esigenze del tessuto musicale e col tocco speciale dell’archetto sul finire della quarta traccia – e in alcune sezioni alle tastiere, ad affiancare e interagire con quelle di Pegoraro.
Ad impreziosire il tutto intervengono, in singoli brani, le chitarre armoniose e incisive di Massimo Montarese e Marco Topini, ora classiche e acustiche, ora elettriche e distorte; Osvaldo Loi a commentare dolcemente con violino e viola; Mauro Serpe ad accarezzare la prima traccia con il flauto traverso; mentre nell’ultima, quasi a voler chiudere il cerchio, compare l’istrionico Jacopo Gabutto, artefice di un piccolo ensemble di fiati (fagotto, flauto traverso e clarinetto) all’interno dell’ensemble generale.
Il risultato? Un lavoro di rock progressivo “romantico” che si distingue per ricerca artistica ed intellettuale. Un’opera in grado di accompagnare l’ascoltatore e catturarne l’attenzione grazie alla sua seduzione sonora e a colpi di scena originali. Destinata a lasciare il segno per la capacità di omaggiare la tradizione del prog italiano, e al tempo stesso riproporla sotto una veste innovativa, soave (come le gambe danzanti cantate nel secondo brano) ed avvolgente.